Il vizio di mente nel soggetto affetto da Parkinson che assume una terapia dopaminergica - Tribunale
La Sentenza prende in esame un caso del tutto particolare di vizio di mente. La vicenda sottoposta al Giudice in composizione monocratica riguardava un’ipotesi di 493 ter c.p. in quanto l’imputato, che viveva temporaneamente da un’amica, avrebbe utilizzato indebitamente la carta di debito della propria ospite per procurarsi del denaro destinato a saziare il suo bisogno di gioco d’azzardo. L’imputato, soggetto già dichiarato ludopatico ed in cura al SER.D., dimostrava nel corso del giudizio di aver assunto un farmaco dopaminergico somministrato per la cura del morbo di Parkinson. Secondo la letteratura medica quel farmaco ha tra le sue controindicazioni (soprattutto ad alti dosaggi) effetti collaterali che possono influire sulla pulsione al gioco patologico. L’interprete si è pertanto chiesto se in un soggetto già ludopatico (condizione che al pari della tossicodipendenza o alcoldipendenza non determina vizio di mente) l’assunzione di tale farmaco prima della commissione del fatto potesse mutare la condizione psichica rendendolo l'imputato incapace di intendere e di volere.
Secondo il Giudice torinese nonostante sia provata l'influenza del farmaco sulla pulsione da gioco d’azzardo patologico e nonostante statisticamente tale condizione patologica riguardi il 3% della popolazione affetta dalla malattia di Parkinson che sta seguendo una terapia dopaminergica (contro lo 0,6% della popolazione nazionale), nondimeno non si può assumere che la spinta al gioco patologico determinata dall'assunzione del farmaco determini una incapacità di intendere e di volere. Nella Sentenza qui analizzata si afferma infatti che pur con l0assunzione del farmaco dopaminergico la capacità di comprendere il disvalore dei fatti (e, in particolare, dei comportamenti predatori) rimane comunque integra, così come la capacità di porre in essere atti di volizione.
(Causa patrocinata Avv. Giacomo Telmon)