La valutazione dell'abitualità e della continuazione rispetto a diverse condotte di maltrattamento
Con la sentenza qui analizzata (Cassazione Penale, Sezione seconda penale, Sentenza n. 11290/23 del 3.2.2023) la Suprema Corte di cassazione ha preso in considerazione il tema del rapporto tra continuazione ed abitualità nei reati di maltrattamento in famiglia. La questione sottoposta al Giudice della legittimità dall'Avv. Giacomo Telmon riguardava una vicenda nella quale il soggetto maltrattante era stato sottoposto a due procedimenti penali tra di loro riuniti e nel corso dei quali era stata esclusa la medesimezza del disegno criminoso e l’abitualità rispetto ad una precedente condanna per maltrattamenti ai danni delle medesime persone offese e mediante le stesse modalità.
La giurisprudenza di legittimità nell'accogliere il ricorso ha sottolineato l’importanza dell’approfondimento logico e giuridico rispetto alla cosiddetta “costante abituale” invitando il giudice del merito ad un’interpretazione dei fatti e della norma di cui all’art. 572 c.p. conforme al principio secondo il quale “il delitto previsto dall’art 572 cod. pen. configura un reato abituale, essendo costituito da una pluralità di fatti commessi reiteratamente dall’agente con l’intenzione di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali, onde ogni successiva condotta di maltrattamento si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario” (Cassazione penale, Sez. VI, 19.10.2017, n. 56961). La struttura unitaria verrebbe meno soltanto allorquando gli atti successivi fossero sporadici e manifestazione di un atteggiamento di contingente o estemporanea aggressività venendo a mancare la persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima (Cass. Pen., Sez. VI, n. 6126/2019). Questo significa che, laddove “la pluralità dei fatti, idonea ad integrare la struttura del reato di maltrattamenti, si esaurisca per poi manifestarsi di nuovo, la consistenza dello iato temporale intercorrente tra le due serie di condotte non ha rilievo al fine di escludere, di ciascuna, la prescritta abitualità. L'interruzione può valere, al più, infatti, ove risulti notevolmente dilatata nel tempo, a far ritenere, delle distinte serie, la natura di due autonomi reati di maltrattamenti in famiglia, eventualmente uniti dal vincolo della continuazione nella sussistenza del medesimo disegno criminoso” (così Sez. 6, n. 56961 del 19/10/2017, F., Rv. 272200).
(Causa patrocinataAvv. Giacomo Telmon)
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